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      Riscuotere tutte le entrate pubbliche, pagar chi di dritto su quelle, ed eleggerne gli amministratori;
      Difendere la religione e la societą;
      Applicare le pene ad alcuni misfatti, nei limiti che appresso si descriveranno;
      Presedere alle preghiere pubbliche, in persona o per delegati;
      Avviare e sovvenire i pellegrini della Mecca;
      E, se la provincia stesse in su i confini, far la guerra ai vicini infedeli, scompartire il bottino ai combattenti e serbarne la quinta a chi appartenesse5.
      Il popolo, dunque, di una parte del territorio musulmano costituita in provincia e governata da un emiro, non riconosceva il califo nč come legislatore nč com'esecutor della legge; non vedeva altra autoritą che dello emiro; e costui, alla sua volta, non era tenuto ubbidire che alla legge ed alla propria coscienza; nč dovea rispettare il fatto del principe, fuorchč nel caso degli stipendii militari gią determinati da esso. Il principe eleggeva e rimovea d'oficio l'emiro, come il cādi, senza poter dettare all'uno i provvedimenti, nč all'altro i giudizii; talchč tutta la amministrazione civile, militare, ecclesiastica e giudiziale si conducea come in oggi quella sola della giustizia negli Stati di Europa che abbiano magistrati amovibili ad arbitrio. Bene o male, era conseguenza logica della teocrazia. Se avvenia che il califo sforzasse lo emiro ad alcun provvedimento con minaccia di deposizione, ciņ non costituiva norma d'ordine pubblico; era abuso di chi comandava e viltą di chi obbediva. Similmente il califo celava, quasi fosse colpa, la vigilanza sua sopra lo emiro, affidandola al direttor della posta6. Alla effettiva autoritą rispondeano le apparenze, e in particolare la cerimonia della inaugurazione, nella quale si prestava giuramento all'emiro non altrimenti che al califo7. La moneta, nei primi due secoli dell'islamismo, si coniava spesso col solo nome dell'emiro, per esempio di Heggiāg-ibn-Iūsuf in Irak, di Mūsa-ibn-Noseir in Affrica e Spagna, e di Ibrahim-ibn-Aghlab in Affrica8. Sģ larga essendo la potestą legale del governator di provincia e impossibile di tarparla nei paesi lontani dalla metropoli, e stanziando in quelli la nobiltą armata, ognun vede con che agevolezza le province si poteano spiccar dall'impero, sol che le milizie parteggiassero per l'emiro; nel qual caso tornava inefficace la sola ragione lasciata al califo, cioč dargli lo scambio.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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