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      Di lì alla fine della dinastia, qualche moneta che si crede siciliana dalla fattura, senza che vi si legga SiciliaPalermo, offre il sol nome del principe Affricano10. Da ciò si può conchiudere di certo che i primi emiri coniassero moneta; ma non che i successori non ne coniassero. D'altronde lo esercizio di tal dritto, che sarebbe assai significativo trattandosi di reami cristiani, poco monta negli Stati musulmani dei primi cinque secoli dell'egira, quando i califi lasciavan correre nelle monete, come dicemmo, il nome degli emiri di provincia; e i veri principi che sottentrarono ai califi ne lasciaron correre il nome; sì che passò in proverbio «è rimasa al tale la Khotba e la zecca» per significare un titolo senza potestà11.
      Oltre la piena autorità esercitata dagli emiri di Sicilia, è da notar che sovente i coloni non aspettaron licenza dall'Affrica per rifar l'emiro, quando fosse venuto a morte, e sovente anco scacciarono gli eletti o confermati dal principe12; appunto com'era avvenuto in Spagna avanti il califato di Cordova, e in Affrica avanti gli Aghlabiti. A così fatta usurpazione li spingea l'assioma che lo emiro rappresentasse non il principe, ma il popolo musulmano; e altresì la dubbia sovranità degli Aghlabiti, e la consuetudine allo esercizio di un dritto anteriore all'islamismo e non abrogato: cioè che tutta associazione di Arabi, grande o picciola, tribù o circolo, sempre scegliesse il proprio capo.
      Le altre parti del civile ordinamento non occorre descrivere minutamente; sendo notissime, nè molto diverse da paese a paese.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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