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      Ma i notabili risposero, al solito, ferocemente a chi parlava di onore e di pericoli; conchiusero che il danaro lor serviva a ricattare dalla schiavitù sè stessi e le famiglie; e replicando Ibrahim che si potean togliere i capitali dei lasciti pii, l'adunanza gridò sacrilegio. Sdegnosamente uscì Ibrahim dalla sala; e in piazza ebbe a soffrire gli insulti della plebe che ripeteva a modo suo gli argomenti dei barbassori, e dava mano anco ai sassi: se non che l'Aghlabita con uno stuol di cavalli si fe' largo caricando fino alle porte della città. Audace, anzi temerario, andò a Tripoli, sperando di scuotere Ziadet-Allah; e per poco non incontrò la sorte del primo ministro; il quale s'era imbarcato per la Sicilia251, ma i venti lo spinsero a Tripoli, nelle mani del tiranno, ch'egli avea confortato alla difesa, e or n'ebbe in merito la morte. Ziadet-Allah, chiesta licenza dal califo abbassida, soggiornò or in Egitto or in Siria, sperando sempre che il califo riconquistasse l'Affrica per lui; e mentre aspettava, rubato dai proprii servitori, ammonito per sue infami dissolutezze dai magistrati, vilipeso da' governanti, impoverito, invecchiato in pochissimi anni, morì (916) di malattia o di veleno252. Così cadde dopo un secolo la dinastia d'Aghlab.
      Finì con vergogna non minore la dominazione degli Arabi in Affrica. La municipalità di Kairewân, sbrigatasi da quella molesta virtù d'Ibrahim-ibn-abi-Aghlab, mandava in fretta oratori allo Sciita poc'anzi scomunicato con tanta rabbia dai giuristi; il quale era entrato a Rakkâda (26 marzo 909) con sue miriadi di Berberi.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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