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      Messi ai ferri, gittati sur una barca, li mandarono, per colmo d'infamia, all'usurpator fatemita a Susa. "E che ti mosse a sconoscere il sacro dritto della casa d'Ali e ribellarti da noi?" dicea superbamente il Mehdi ad Ibn-Korhob, fattosel recare incatenato. "I Siciliani," rispose, "mi esaltarono mio malgrado, e mio malgrado m'han deposto." Rimandollo allora in carcere, e divisò il supplizio più che potesse insolito e ignominioso. Montato a cavallo, menava seco i prigioni a Rakkâda, capitale tuttavia dell'impero. E fuor la porta della Pace317, là dov'eran sepolti i miseri avanzi di Hasan-ibn-abi-Khinzîr ucciso dopo la battaglia di Lamta, Ibn-Korhob, i figliuoli, gli amici politici, come ladroni di strada, eran vergheggiati a morte; mozzati loro mani e piè; e sospesi i cadaveri a tanti pali dinanzi la tomba318.
      Insieme con lor nobili vittime i controrivoluzionarii di Sicilia mandarono al Mehdi una petizione arrogante. Sognando di potere rinnegare il dritto e mantenere il fatto, scriveangli non aver bisogno dì soldati nè di alcuno aiuto da lui: nominasse un governatore e un cadi, ed essi penserebbero al resto; aggiugnendo altre condizioni che lo empieron di collera e di furore, scrivono i cronisti senza particolareggiarle319. E il Mehdi che sapeva usar le occasioni, in vece del trave della favola ch'ei bramavano, mandò in Sicilia uno sperimentato capitano320, Abu-Sa'îd-Musa-ibn-Ahmed, soprannominato Dhaif, ch'è a dir l'Ospite, con un'armata e forti schiere di Kotamii, capitanate da loro sceikhi.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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