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      Ebbe costui il grado di drungario, o vice-ammiraglio, il comando particolare del navilio594 e supremo dell'impresa595. L'altro, Manuele figliuol naturale di Leone Foca, nipote però di Niceforo, fatto generale della cavalleria: giovane d'animo bollente, testa dura e cieco valore596. De' due messi insieme, pensò Niceforo comporre un ottimo capitano, senza avere ricorso ad alcun di que' suoi sperimentati commilitoni dell'Asia Minore, il quale andasse in Sicilia a guadagnare nuova riputazione e poi mettersi, com'egli stesso avea fatto, su la via del trono: e questo non gli fece veder l'errore di porre un forzuto e fiero principe del sangue mezzo a ragguaglio e mezzo sotto d'un soldato da tavolino. Pur a Costantinopoli non era chi dubitasse della vittoria. Oltre la potenza di tanto sforzo, n'erano pegno lor nuovi libri sibillini detti le Visioni di Daniele, ed i vaticinii d'Ippolito vescovo di Sicilia dei quali nessuno s'era visto fallire; e vi si leggea come il lione e il lioncello dovessero un giorno divorare l'onagro. Parea chiaro ai Greci che le due belve con le zanne simboleggiassero i due imperatori di Cristianità, Niceforo e Otone, e l'altra belva del deserto Moezz; se non che, quattr'anni dopo la sconfitta, il nostro Liutprando si beffò di loro che non avessero capito. Otone e il figliuolo, ei rimbeccò, veraci leoni, doveano manicarsi Niceforo, asino selvatico vano ed incestuoso, che avea sposata la comare. E il mordace vescovo di Cremona parlava tanto da senno, che appose la vittoria dei Musulmani alla fidanza che n'avessero presa, interpretando appunto come lui la profezia d'Ippolito597.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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