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      La moschea giami' e il pulpito non portano a supporre più vasto l'iklîm; ma solo che il capoluogo fosse città importante, da farvisi la prece pubblica del venerdì.
      Ma la gente636 che si dovea dai villaggi ridurre nei capoluoghi, non poteva essere l'universale degli abitatori: cristiani o musulmani; liberi, dsimmi o schiavi; nobili e plebei. Poco men assurdo sarebbe a intender tutti i Musulmani, non esclusi i contadini, chè al certo ve n'erano in Val di Mazara; e quanto agli artefici e mercatanti, non occorrea comando del principe perchè soggiornassero nelle città. Però trattavasi della sola milizia, dei nobili cioè con lor lunghe parentele; e chi altro era tenuto gente nel medio evo, fosse in Cristianità o in terra d'islâm? Ignoriam noi se nel Val di Mazara, conquistato ormai da un secolo, le milizie fossero pagate dall'erario in moneta sonante, ovvero con iktâ', o vogliam dire delegazioni, sul kharâg di un dato territorio, che riscuotessero con lor proprie mani637, stanziando qua e là nelle ville. Ma ciò seguiva necessariamente in Val Demone e Val di Noto, per la fresca mutazione del tributo dei municipii, in gezîa degli individui e kharâg dei poderi; mancando il tempo di stendere i ruoli e i catasti, secondo i quali l'azienda pubblica riscuotesse il danaro o il frumento del kharâg. E però non si eran fatti nè anco iktâ' in buona forma; ma nulla toglie che le milizie, con partaggio provvisionale e tumultuario assentito o non assentito dall'emir Ahmed, avessero diviso tra loro alla grossa le entrate mal note delle nuove province, e si fossero sparse nelle campagne, esattori a libito e pagatori di sè medesimi.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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