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      Ma poi va considerato che il genio diverso delle lingue toglie nell'una a tal espressione figurata quel sapor aspro che abbia nell'altra: il che si noterebbe tra le lingue d'unica famiglia che parliamo in Europa, non che tra le indo-europee e le semitiche. Scendendo più addentro, scopriremo sovente pensieri semplici ed alti, linguaggio spontaneo d'affetti, verace colorito, tratteggiare risoluto, grazie non contigiate; e diremo che quelle brune muse arabiche se si abbigliassero a foggia nostra, passerebbero per belle. Io chieggo che nel giudicare i poeti arabi di Sicilia dagli squarci che ho mostrati e su le intere opere che spero sian date un giorno all'Italia, si guardi al concetto della mente piuttosto che alla forma in cui si manifestava; e che per la forma s'accettino, com'è ragione, i giudizii dei critici arabi ch'ho accennato a lor luogo. Forse quei biografi ed antologisti che ci serbarono frammenti de' poeti arabi siciliani li defraudavano delle nostre lodi più meritate, trascrivendo appunto i versi che noi avremmo messi da banda, e tralasciando come scipiti quelli che noi avremmo trascelto1541.
      Vuolsi in fine far parola dei musici che soleano cantar sul liuto i versi dei poeti: la quale usanza gli Arabi appresero dai Persiani, i devoti musulmani la condannavano, e quando lor venia fatto vietavanla, ma i grandi e' ricchi tosto richiamavano nelle brigate musici, cantatrici e ballerine. Il gran diletto che ne prendessero i Musulmani di Sicilia, è quanto se ne travagliassero si ritrae dalle poesie, dove spesseggiano le descrizioni dell'arte che dissipava i tristi pensieri e movea alla gioia; nè sdegnavano i poeti di lodare, talvolta anco biasimare i musici: Ibn-Tazi fe ad uno l'epigramma: "Ei canta e ti gitta addosso noia e malanni; ei tocca il liuto, affè che gliel'avresti a spezzare su le spalle.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume secondo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1858 pagine 654

   





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