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      Ma i tulipani si rizzavano sempre duri duri, allo stesso modo di prima, ed avevano il viso lungo e rosso infocato dalla rabbia. Le peonie avevano addirittura la testa di traverso: fortuna che non potevano parlare: se no, chi sa la ramanzina che avrebbero spifferata! Il povero fiorellino capiva bene che non erano di buon umore, e ciò gli rincresceva proprio tanto. In quella, venne nel giardino una ragazza con un grande coltello appuntito, che luccicava di lontano; andò ai tulipani e li tagliò uno dopo l'altro. "Uh!" - sospirò la pratellina: "Che orrore! Ecco ch'è finita per loro!" La ragazza se ne andò con i tulipani; e la pratellina si rallegrò tutta di non essere che un povero fiore di prato, e di starsene lì fuori, tra l'erba. Si sentiva piena di riconoscenza, e quando calò il sole, chiuse le sue foglioline e si addormentò; e sognò tutta la notte del sole e dell'allodola.
      Quando, la mattina, il fiore stirò di nuovo all'aria le piccole foglie, quasi piccole braccia, riconobbe la voce dell'uccello; ma la canzone era triste. Ahimè, la povera allodola aveva ben ragione d'essere triste, perch'era stata presa, ed ora si trovava in una gabbia presso la finestra aperta. Cantava la gioia di poter volare liberi nell'alto, cantava il verde tenero del frumento giovane, nei campi, ed i bei viaggi che si possono fare nell'aria quando si è padroni delle proprie ali. Il povero uccello non era davvero di buon umore, così prigioniero nella sua gabbia.
      La pratellina avrebbe tanto desiderato di venirgli in aiuto: sì, ma come?


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40 Novelle
di Hans Christian Andersen
pagine 345