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      E poi? e poi?
      domandava l'abete, e tremava persino, dalla vetta alle radici, per la grande ansietà: "E poi? che cosa avviene poi?"
      Poi? non abbiamo veduto altro. Ah, ma era una bellezza!
      Chi sa ch'io non sia destinato un giorno ad una simile gloria?
      - gridò l'albero allegramente: "È ancora meglio che viaggiar per mare. Ah, che struggimento! Vorrei che fosse oggi Natale! Oramai sono grande e grosso come quelli che furono menati via l'anno passato. Ah, mi par mill'anni d'essere sul baroccio! Mi par mill'anni d'essere nella stanza calda, tra tutta quella pompa, tra quello splendore! E poi? Già, deve poi venire qualche cosa di più bello ancora: se no, perchè mi adornerebbero a quel modo? deve venire poi una grandezza, una gloria anche maggiore; ma quale? Oh, che struggimento, che struggimento! Non so nemmen io che cos'abbia per soffrire così!"
      Gioisci e contentati di noi!
      - dicevano l'aria e il sole: "Rallegrati della tua fresca giovinezza nella foresta!"
      Ma l'abete non si rallegrava punto: non faceva che crescere e crescere, inverno e estate, sempre più verde, d'un bel verde cupo. La gente diceva: "Che bell'albero!" - e, a Natale, fu tagliato prima di tutti gli altri. L'ascia andò profonda, sino al midollo, e l'albero cadde a terra con un sospiro; provava un dolore, una sensazione di sfinimento, non poteva davvero pensare a felicità: è così triste lasciare il posto dove si è nati e cresciuti... Sapeva che non avrebbe rivisti mai più i vecchi compagni, i piccoli cespugli ed i fiori ch'erano lì attorno - nemmeno gli uccelli, forse.


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40 Novelle
di Hans Christian Andersen
pagine 345

   





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