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      Il giorno dopo, venne il ragazzino cui i balocchi appartenevano, dipinse il paléo in rosso e giallo, e vi picchiò un chiodo con la capocchia d'ottone: e così il paléo, girando, faceva una magnifica figura.
      Vede, eh?
      - fece egli alla palla: "Che cosa ne dice ora? Non vuole che ci sposiamo? Siamo fatti l'uno per l'altro: Ella salta, io ballo... Nessuno potrebb'essere più felice di noi!"
      Ah, lo crede davvero?
      - replicò la palla: "Ma non sa che mio padre e mia madre erano pantofole di marocchino e che io ho un turacciolo in corpo?"
      Sì, ma io sono di mogano,
      - disse il paléo, "e mi ha tornito il Borgomastro con le sue mani; egli ha un tornio in casa, e ci si è divertito tanto..."
      È proprio vero?
      - domandò la palla.
      Possa io non ricevere mai più colpo di frusta se dico una bugia!
      - dichiarò il paléo.
      Parla bene lei!
      disse la palla: "Ma io non posso. Sono quasi fidanzata ad un rondone. Ogni volta che vado su per aria, il rondone mette il capo fuor dal nido e grida: Di' di sì! Di' di sì! Dentro di me, ho già detto sì; e quindi è come se fossimo fidanzati. Ma glielo prometto: mai mi scorderò di lei."
      Questo mi aiuta di molto!
      - esclamò stizzito il paléo; e non si parlarono più.
      Il giorno dopo, la palla fu tolta di lì. Il paléo la vide volare alto, per aria, come un uccello, sin che gli occhi non poterono più seguirla. Ogni volta ritornava, faceva un nuovo salto appena toccava terra, - fosse desiderio di risalire, o fosse il sughero che aveva in corpo. La nona volta, però, la palla rimase su e non tornò più. Il ragazzo la cercò e la cercò, ma via era andata e via rimase.


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40 Novelle
di Hans Christian Andersen
pagine 345

   





Borgomastro