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      Tra mezzo a quelle spazzature, l'Angelo additò al bambino i cocci d'un vecchio vaso da fiori e una piota di terra, caduta fuori dal vaso e tenuta insieme dalle radici d'una piantina secca, sulla quale si vedeva ancora un grosso fiore di campo. Non serviva più a niente, e per ciò era stata gettata sulla via.
      Prenderemo quella pianta lì!
      - disse l'Angelo: "Volando, ti racconterò poi perchè."
      E volando, l'Angelo raccontò questo:
      Laggiù, in quello stretto vicolo, in una delle più basse stamberghe, abitava un povero ragazzo ammalato. Da piccino in su, era sempre stato infermo. Quando si sentiva meglio, riusciva appena a reggersi sulle grucce, in modo da andare su e giù un paio di volte nella misera stanzetta: era tutto quel che poteva fare. Durante pochi giorni d'estate i raggi del sole arrivavano per una mezz'oretta sino ai suo bugigattolo. Allora il povero ragazzo stava lì seduto a godersi il calore del sole, ed a guardarsi, a traverso le scarne manine che teneva stese davanti al viso, il sangue rosso che circolava. In quei giorni si diceva
      Oh, oggi il piccino è stato fuori!" La foresta, nella sua splendida verzura primaverile, egli la conosceva soltanto perchè il figlio di un vicino, quando la quercia metteva le fronde nuove, gliene portava i primi ramoscelli. Ed egli teneva un ramoscello sul capo, e sognava di riposare sotto una quercia, tra lo splendore del sole e il canto degli uccelli. Un giorno di primavera, il ragazzo del vicino gli portò anche un fascio di fiori di campo, tra i quali, per caso, ce n'era uno con le radici.


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40 Novelle
di Hans Christian Andersen
pagine 345

   





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