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      Ma infinite femine fuoro le quale iettaro loro onore per avere dello pane. Moita iente vennéo soa franchia per lo pane. Fuoro vennute palazza, possessioni de campi e vigne, e dati per poca cosa, per avere dello pane. Granne era la pecunia che se numerava per poca de annona avere. Moita iente manicava li cavoli cuotti senza pane. La povera iente manicava li cardi cuotti collo sale e l'erve porcine. Tagliavano la gramiccia e·lle radicine delli cardi marini e cocevanolle colla mentella e manicavanolle. Anche ivano per li campi mennicanno le rape e manicavanolle. Anche fu tale patre che onne dimane a ciascheduno delli figli una rapa per manicare in semmiante de pane daieva. Anche manicavano la carne, chi ne aveva, senza pane. De vino fu bona derrata. Incresceme de contare tante tristezze. Le donne pusero ioso delle alegrezze e·lle cegnimenta e·lle adornamenta, vedenno la fame la quale ś terribilmente bussava. Chi abbe grano abbe tutte le adornamenta delle donne. In quello tiempo io me retrovai in Bologna e vedeva che quelli delle ville venivano in citate a comparare dello pane della gabella. Deh, como tornavano tristi, quanno non ne portavano! Manicava la iente pera secche e tritate, misticate colla farina, capora e vientri, anche lo sangue delli animali. E moite perzone fuoro trovate morte de fame. Moite perzone ivano gridanno de notte: «Pane, pane». De notte ivano, consideranno che erano perzone de alcuno lenaio; per la vergogna non volevano apparere; de d́e non volevano essere conosciute.


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Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
pagine 236

   





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