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      Guardava lo filosofo intorno allo muro e per terra, cercava lo luoco dove potessi sputare. Non vede luoco da ciò; ca, como ditto ène, onne cosa era coperta de nuobili tappiti. Allora voize lo filosofo lo capo e abbe veduta la faccia dello re. Lo re aveva una varva moito nera, granne e larga; la longhezza fi' a mieso lo pietto, le banne fi' nelle ionte delle spalle. Pareva uno varvassore. Considerao lo filosofo che
      quella varva fussi lo più brutto luoco de quella sala e più atto a recipere lo sio sputo. Fermaose lo savio filosofo e sputao in mieso della varva dello re. Quanno lo re se sentìo ciò, fortemente stette turbato e regoglioso e disse: «Questo perché hai fatto?» Respuse lo filosofo e disse: «De sotto, da lato, de sopre, da onne canto me staco panni messi ad aoro. Non ce ène luoco alcuno laido da sputare potere, salvo questa toa varva: è lo più laido luoco che nce sia. Perciò ce aio sputato, ca omo deo sputare nello più laido luoco». A queste paravole lo re non responneva, ma stava muto. Allora lo filosofo lo toccava in la spalla e disse: «Di' ca bene dico. Di' ca te piace». Ora se questi, li quali portano la varva, staiessino a lato a questo filosofo, recìperano quello che recipéo lo re.
     
     
      Cap. X
     
      Della morte dello re Ruberto e della venuta che fece la reina de Ongaria a Roma.
     
      Anni Domini currevano MCCCXLII[I] quanno finìo li suoi dìe lo inclito e glorioso omo Ruberto rege de Cecilia e de Ierusalem. E fu sotterrato onorabilemente nella citate de Napoli, in Santa Chiara.


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Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
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