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      Li pellegrini, li quali viengo per merito delle loro anime alle sante chiesie, non erano defesi, ma erano scannati e derobati. Li prieiti staievano per male fare. Onne lascivia, onne male, nulla iustizia, nullo freno. Non ce era più remedio. Onne perzona periva. Quello più avea rascione, lo quale più poteva colla spada. Non ce era aitra salvezza se non che ciascheuno se defenneva con parienti e con amici. Onne dìe se faceva adunanza de armati. Li nuobili e li baroni in Roma non staievano. Missore Stefano della Colonna era ito colla milizia in Corneto per grano. Era in fine dello mese de abrile. Allora Cola de Rienzi la prima dìe mannao lo vanno a suono de tromma che ciasche omo senza arme venisse allo buono stato allo suono della campana. Lo sequente dìe là, da mesa notte, odìo trenta messe dello Spirito Santo nella chiesia de Santo Agnilo Pescivennolo. Là, su l'ora de mesa terza iessìo fòra della preditta chiesia, armato de tutte arme, ma solo lo capo era descopierto. Iesse fòra bene e palese. Moititudine de guarzoni lo sequitavano tutti gridanti. Denanti da sé faceva portare da tre buoni uomini della ditta coniurazione tre confalloni. Lo primo confallone fu grannissimo, roscio, con lettere de aoro, nello quale staieva Roma e sedeva in doi lioni, in mano teneva lo munno e la palma. Questo era lo confallone della libertate. Cola Guallato, lo buono dicitore, lo portava. Lo secunno era bianco, nello quale staieva santo Pavolo colla spada in mano, colla corona della iustizia. Questo portava Stefanello, ditto Magnacuccia, notaro.


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Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
pagine 236

   





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