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      Nello vigliare li spiriti so' despierzi, le cose soco varie e moite; e quanno la virtute stao unita, ène più forte che quanno ène sparza. Ià avemo che li spiriti nella notte staco solliciti, intentorosi, e piccola cosa li move. La secunna cosa presuppone Aristotile ène questa. Dice: «Ciò che noi operamo ène per l'airo, senza lo quale vivere non se pote. L'airo ène in mieso de noi. La favella umana vao da omo in omo, perché l'airo ène refratto da omo in omo. L'airo se muta e move secunno le mutazioni le quale l'uomini faco, como è delle densitati delle forme che apparo nello spiecchio». Pone un aitro esempio: «Alcuno ietta la preta nello laco. La preta move l'acqua. L'acqua, mossa una parte, move l'aitra parte vicina in muodo de rota e tante rote fao quanto dura la potenzia dello vraccio. Stao lo pescatore con sio amo, pesca, non vede quello che la preta iettao, ma vede li cierchi che l'acqua fao. Conosce che omo li fao impaccio allo pesce prennere. Movese e veone a pregare che non ietti prete più». Così, dice Aristotile, la favella, le operazione umane mutano l'airo. L'airo mutato da parte in parte perveo allo sentimento umano e delli aitri animali, como incontra che·lla camarda e·lle morte corpora iettano vapori corrotti per lo airo e perveo allo odorato delli lopi e delli avoitori, donne se scrive che cinqueciento miglia lo avoitore curre alle corpora morte. Questo non fora per aitro se non per la mutazione che fa l'airo continuato da cuorpo a cuorpo. Ora vole Aristotile che non solamente li effetti delle cose mutino l'airo, ma anco se muta l'airo per lo volere, li penzamenti dello omo; ché, quanno uno vole occidere un aitro, li spiriti se·lli infiammano aduosso.


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Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
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