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      Onne cosa ne porta a Marini. Missore Ranallo, lo frate, ne passao de·llà dallo Tevere e entrao nella citate de Nepe e curreva de·llà e de cà ardenno e predanno. Ardeva terre. Arze la castelluzza, case e uomini. Non se schifao de ardere una nobile donna vedova veterana in una torre. Per tale crudelitate li Romani fuoro più irati. Moito haco conceputo contra missore Ranallo e missore Iordano. Non pare opera da gabe. La perverza mente de Romani fu contra Colonnesi. Era allora le vennegne. L'uva era matura. La iente la pistava. Allora lo tribuno adunao tutto lo puopolo armato e trasse fòra l'oste de Roma e iessìo fòra sopre lo castiello de Marini e locao sio esercito in uno luoco lo quale se dice la Maccantregola. Valle ène sotto una selva, longa dallo castiello forza un miglio. L'oste fu bella, grossa e potente, de pedoni e de cavalieri. Fuoro pedoni da vinti milia, cavalieri da ottociento. Era lo tiempo forte corocciato e piovoso per tale via, che impacciava l'oste. Non li lassava fare guasto alcuno. Alla fine, in spazio forze da otto dìi, guastaro tutto ciò che era intorno allo castiello de Marini. Tutto depopularo lo sio terreno. Tagliaro vigne, arbori; arzero mole; scaizaro la nobile selva non toccata fi' a quello tiempo. Onne cosa guastaro. Per anni quello castiello non fu tale né tanto. Puoi trassero delli arnari preda secunno che se potéo. Tutta Roma iaceva là. In questi dìi sopravenne a Roma uno cardinale; legato era de papa. Questo legato infestava tuttavia con lettere che·llo tribuno tornassi a Roma, ca·lli voleva alcuna cosa rascionare.


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Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
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