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      Allora da cinqueciento donne de Cesena iessiro fòra scapigliate, sfesse dallo pietto. Piagnenno, lamentanno facevano granne romore. Inninocchiate 'nanti allo legato demannavano mercede. Inscius legatus della cascione de sì amaro pianto domannao perché questo facevano. Respusero le donne: «Legato, in la torre sopra la porta soco renchiusi nuostri mariti, fratelli e parienti. La cavata è fornita. Se la torre cade, l'uomini so' perduti. Donne per Dio te pregamo che tardi de mettere fuoco in li pontielli». Lo legato sùbito conubbe che madonna Cia dubitava de si, ca era rotta nello animo. Abbe trattato e a soie mano abbe li Cesenati messi nella torre. Messo fuoco nella torre, la torre cadde con parte dello girone. Allora lo guado fu libero per entrare. Non per ciò che alcuno entrassi con furore, ma de piano consenzo. Lo legato abbe alle soie mano madonna Cia con un sio figlio e doi suoi nepoti. Recusao madonna Cia essere liberata, temenno la subitezza de sio marito, anco con instanzia pregao che·lla Chiesia la servassi. Tre milia fiorini
      gostava lo dìe li mastri delle cavate e delli trabocchi e delli aitri artificii. Dodici milia fiorini gostao lo dìe li sollati. Lo legato entrao in Cesena e mantenne la terra per la Chiesia. Questo è lo muodo che la citate de Cesena in Romagna fu guadagnata. Ora se para, lo legato sopra la citate de Forlì. Primo ordinao l'oste granne e copiosa. Intanto saputo che fu della presonia de madonna Cia, la quale era mannata in Ancona in guardia, una soa figliola, donna nobile, maritata ad uno granne marchisciano, venne denanti allo patre lacrimanno, colle vraccia piecate.


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Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
pagine 236

   





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