Pagina (217/236)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      " Alla fine tornaro a casa e lassarolo solo colli discipuli nella piazza. Non fu chi li proferissi uno povero magnare. Lo sequente dìe Cola de Rienzi abbe alcuno ammasciatore delle vicinanze intorno. Deh, como bene responneva! Dava resposte e promissioni. Apparecchiavase de ferventemente guidare. Li baroni staievano alla guattata, a que reiessiva. Lo stormo dello triomfo era granne. Moite banniere. Mai non [fu] tanta pompa. Fanti con duridaine de·llà e de cà. Per bene pare che voglia per tirannia guidare. Delle soie cose che perdìo le moite li fuoro rassenate. Mannao commannamenti e lettere per le terre e·llo destretto de soa felice tornata. Vole che ciascuno se apparecchi a buono stato. Era questo omo fortemente mutato dalli primi suoi muodi. Soleva essere sobrio, temperato, astinente. Ora deventato destemperatissimo vevitore, summamente usava lo vino. Ad onne ora confettava e veveva. Non ce servava ordine né tiempo. Temperava lo grieco collo fiaiano, la malvascia colla rebola. Ad onne ora era dello vevere più fiesco. Orribile cosa era potere patere de vederlo. Troppo veveva. Diceva che nella presone era stato accalmato. Anco era deventato gruosso sterminatamente. Aveva una ventresca tonna, triomfale a muodo de uno abbate asiano. Tutto era pieno de carni lucienti como pagone, roscio, varva longa. Sùbito se mutava nella faccia, sùbito suoi uocchi se·lli infiammavano. Mutavase de opinione. Così se mutava sio intellietto como fuoco. Aveva li uocchi bianchi: tratto tratto se·lli arrosciavano como sangue.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
pagine 236

   





Cola Rienzi