Pagina (223/236)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Voleteme ponere allo tormento. Non vedete che io so' cavalieri? Como è in voi tanta villania?» Puro un poco fu aizato. Allora disse: «Io so' stato capo della Gran Compagnia. E perché so' cavalieri, so' voluto vivere ad onore. Aio revennute le citati de Toscana, messali la taglia, derupate terre e presa la iente». Allora fu tornato nello luoco delli suoi fratelli, intro li ceppi, redutto in restretto fra suoi fratelli. Conubbe che morire li conveniva. Domannao penitenza, e per tutta notte abbe con seco uno frate lo quale lo confessava. E così ordinao tutti suoi fatti. Odenno lo mormuorito de suoi fratelli, ad ora se voitava ad essi, parlava. Queste paravole diceva: «Doici frati, non dubitete. Voi site zitielli iovini, non avete provate le onne della ventura. Voi non morerete. Io moro e de mea morte non dubito. La vita mea sempre fu con trivulazioni. Fastidio me era lo vivere. De morire non dubitava. So' contento, ca moro in quella terra dove morìo lo biato santo Pietro e santo Pavolo, benché nostra desaventura sia per toa colpa, missore Arimbaldo, che me hai connutto qui in questo laberinto. Non perciò questo lasso. Non ve mormorete, non ve dogliate de me, ché io moro volentieri. Omo so', como ciello fui ingannato, como l'aitri uomini so' traduto. Dio me averao misericordia. Fui buono allo munno, serraio buono denanti a Dio, e specialemente non dubito perché venni con intenzione de bene fare. Voi iovini site: temete, ca non avete conosciuto que ène la fortuna. Pregove che ve amete e siate valorosi allo munno, como fui io che me feci fare obedienzia alla Puglia, Toscana e alla Marca». Spesse voite così dicenno, lo dìe se fece.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
pagine 236

   





Gran Compagnia Toscana Pietro Pavolo Arimbaldo Dio Puglia Toscana Marca Como Dio