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      Romani se·llo comportavano per avere stato. Anco stregneva lo sale per più moneta avere. Anco stregneva soa vita e soa famiglia in le spese. Onne cosa penza per sollati. Repente prese uno citatino de Roma nobile assai, perzona sufficiente, saputa: nome avea Pannalfuccio de Guido. Omo virtuoso, assai desiderava la signoria dello puopolo. E sì·lli troncao la testa senza misericordia e cascione alcuna. Della cui morte tutta Roma fu turbata. Staievano Romani como pecorella. Queti non osavano favellare. Così temevano questo tribuno como demonio. In loco consilii obtinebat omnem suam voluntatem, nullo consiliatore contradicente. Ipso instanti ridens plangebat et emittens lacrimas et suspiria ridebat, tanta inerata ei varietas et mobilitas voluntatis. Ora lacrimava, ora sgavazzava. Puoi se deo a prennere la iente. Prenneva questo e quello, revennevali. Lo mormuorito quetamente per Roma sonava. Perciò a fortezza de si sollao cinquanta pedoni romani per ciasche rione, priesti ad onne stormo. Le pache non li dava. Prometteva onne dìe. Tenevali in spene. Promettevali abunnanzia de grano e cose assai. Novissime cassao Liccardo della capitania e fece aitri capitanii. Questa fu la soa sconfittura. Allora lassao Liccardo lo predare e·llo sollicito guerriare, mormorannose debitamente de sì ingrato omo. Era dello mese de settiembro, a dìi otto. Staieva Cola de Rienzi la dimane in sio lietto. Avease lavata la faccia de grieco. Subitamente veo voce gridanno: «Viva lo puopolo, viva lo puopolo». A questa voce la iente traie per le strade de·llà e de cà. La voce ingrossava, la iente cresceva.


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Cronica - Vita di Cola di Rienzo
di Anonimo romano
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