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      Al fratello tolsero poche monete, le fibbie delle scarpe e una sottoveste di seta che portava.
      Al vetturale che guidava la carrozza tolsero pure i pochi spiccioli che possedeva. Il domestico invece fu lasciato in pace. Probabilmente avevano preveduto che non possedeva il becco d’un quattrino.
      Quindi vennero lasciati proseguire il viaggio.
      Giunti a Baccano, il colonnello mandò subito un rapporto del fatto al governatore di Monte Rosi e questi lo trasmise al governo centrale in Roma, il quale ordinò ad un bargello di partire con alcuni birri di campagna pel teatro del delitto, il che fu subito fatto.
      Giunto il bargello a Calcata, si seppe che la notte stessa, erano state commesse, evidentemente dalla medesima banda due altre aggressioni. La prima contro il conduttore della corriera postale fra Roma e Guarcino, cui erano stati presi pochi paoli; la seconda contro alcuni mulattieri, ai quali erano stati tolti i ferraioli e le robe che avevano nelle bisaccia, i pochi denari; e a uno d’essi i bottoncini d’oro che portava all’orecchie, a un altro le scarpe nuove.
      Assunte alcune informazioni il bargello co’ suoi birri andò subito ad arrestare in Calcata il suo collega, bargello del paese, che godeva pessima fama ed era indiziato di aver rubato di notte al farmacista di Calcata un mulo, mandato poi a vendere in piazza Montanara a Roma da’ suoi complici. E col bargello di Calcata, Giuseppe Zuccherini, arrestò due guardie da lui dipendenti, Giuseppe Sfreddi, romano, già contumace per altri reati, e Giacomo DAndrea, veneto, già fornaio disoccupato, e come l’altro assunto in servizio dallo Zuccherini.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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