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      Poi la levò di peso sulle proprie braccia e la portò sul limitare della macchia, adagiandola colla maggior delicatezza possibile sopra un morbido tappeto di vellutello, che pareva fatto apposta per attenuare l’asprezza del suolo.
      La bella signora portava al collo una sottile catena d’oro di Venezia i cui capi andavano a celarsi nel busto, sorreggendo forse qualche medaglione.
      Puerio, che era giovane e di civile condizione, volle mostrarsi garbato e piegato un ginocchio a terra si accinse a slacciarle la veste. Ma, man mano che l’operazione procedeva egli sentiva accendersi i sensi, e ben altre idee che quelle del furto gli frullavano per il capo. Gl’inebbrianti profumi che si sprigionavano dal busto della dama gli davano le vertigini, e quando il candido seno, sciolto da suoi involucri, proruppe torreggiante ed aulente, fra la spuma dei merletti che le adornavano la camicia, si chinò sopra di lei e vi depose un bacio, ebbro di passione e di desiderio. Al contatto di quelle labbra ardenti come braci, la signora rinvenne e guardandosi attorno, come si svegliasse da un sogno, s’accorse della terribile posizione in cui si trovava.
      - Che volete da me? - chiese con marcato accento forestiero al brigante.
      - Nulla - rispose a fior di labbro il Puerio, cogli occhi fiammeggianti.
      - Mi avete dunque già preso tutto?
      - Nulla - ripetè il brigante, con voce resa tremula dal delirio sensuale onde era in preda.
      - Lasciatemi dunque! - ripigliò la signora, la quale avendo ricuperato il pieno esercizio delle sue facoltà, intravedeva le intenzioni del bandito.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





Venezia Puerio