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      - Fuori le carte.
      - Non le ho - rispose atterrito, colla voce nella strozza il giudìo.
      - Fuori le carte - ripete il Pace.
      E l’altro pur sotto quella potente stretta si serra le mani al petto, per impedire all’aggressore di frugargli addosso. Questo allora trae di tasca le forbici che portava sempre con sé e ne inferisce più colpi alla gola del giudìo.
      Abramo cade, intriso del sangue che gli sgorgava dalle ferite, e muore colle braccia sempre conserte al petto e irrigidite.
      Pace si china allora sopra di lui e gli toglie dal pastrano un portafogli pieno di valori fiduciari e una borsa con alcune monete. Quindi se ne va tranquillamente a casa a dormire.
      Le aggressioni anche in città erano allora all’ordine del giorno, o più precisamente all’ordine della notte e non destavano gran rumore. Trattandosi poi d’un israelita la cosa pareva quasi naturale. Si fece qualche indagine dall’autorità e non essendosi potuto scoprire nulla non se ne parlò più.
      Incoraggiato dall’impunità il Pace, dopo aver spese le monete, pensò di servirsi dei valori ed andò ad offrirli ad un cambiavalute al Corso. Questi insospettitosi avvertì il fiscale che fece una perquisizione alla bottega del sartore, gli trovò il portafogli con delle carte che ne indicavano il legittimo proprietario. Pace fu tratto in arresto e mandato alle carceri. Sulle prime negò sfrontatamente e disse che il portafogli lo aveva trovato per terra in via Rua. Ma messo alle strette finì per confessare ed ebbe come dissi, la ricompensa degna del suo misfatto.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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