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      Ma sorpresi dai birri col bottino, e interrogati a parte lì per lì, si confusero, si contraddissero ed ispirarono dei sospetti al funzionario innanzi al quale erano stati portati. Messi alle strette, col miraggio dell’impunità confessarono il fatto nei più minuti particolari, di modo che la Rosa Ruggeri e l’Antonio Scarinei, furono sorpresi nel letto, appié del quale giaceva ancora il cadavere del marito assassinato.
      Furono tutti condannati all’impiccagione, la quale dovetti eseguire in quest’ordine: prima Angiolo, poi Paolo Caratelli, terzo Antonio Scarinei, ultima la Rosa Ruggeri, affinché lo spettacolo della morte de’ complici inasprisse gradualmente la pena. Gli uomini morirono con sufficiente coraggio, assistiti dai confortatori, ai quali s’erano cristianamente confessati. La donna diede in ismanie terribili e pur col capestro al collo, urlava come una dannata. Ma non durò a lungo: in un fiat la spedii a raggiungere i suoi compagni.
      IX.
      L’assassinio di un frate cappuccino.
      Il giorno 8 maggio 1802 compii la mia quarantatreesima esecuzione, mazzolando ed impiccando, ne’ modi di pratica, a Perugia un tale Antonio Nucci, condannato a tal pena per aver assassinato e derubato un frate cappuccino, priore del convento di quella città.
      Era il Nucci un giovane caposcarico, assai noto per la sua giovialità e per le pazzie burlesche che commetteva, ogniqualvolta se gliene presentava l’occasione.
      Il cappuccino era in fama di libidinoso e dedito a piaceri contro natura. Veduto il Nucci e ammirate le sue forme belle e tondeggianti si lasciò cogliere dalla tentazione di trarne godimento.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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