Pagina (46/421)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Fra Pasquale non se ne diede per inteso e continuò:
      - Chi vi portasse la testa di Lucarini...
      - Avrebbe la taglia promessa in tanti scudi di zecca, fiammanti uno sopra l’altro.
      - E se avesse de’ conti da rendere alla giustizia, come monsignore diceva poc’anzi?
      - Non gli verrebbero domandati in quel momento.
      - E se volesse l’assicurazione dell’impunità?
      - Bisognerebbe esaminare prima la cosa.
      - Se si trattasse d’un traviato desideroso di ritornare sulla buona via e di emendare i suoi errori, rendendo dei servigi al governo?
      - Potrebbe ottenerla per tacito consentimento.
      - Vale a dire?
      - Mutando nome e non offrendo colla sua condotta nuove cagioni di perturbazione, si ignorerebbe chi fosse realmente e si dimenticherebbero i suoi antecedenti. Suppongo però che non siate venuto da me per farmi subire un interrogatorio. Non ho l’abitudine di lasciarmi invertire le parti. Come vi chiamate?
      - Francesco Perilli.
      - Dei conti di Casana?
      - Per l’appunto.
      - Una testa val l’altra. Vi garantisco che la vostra rimarrà al suo posto, se mi portate quella del Lucarini... Fra quanto?
      - Fra otto giorni.
      - E sia. Ma badate: tentando d’ingannarmi voi non uscireste di qui che per andar alle carceri, e dalle carceri che per andare alla forca.
      - Alla mannaia! Monsignore, alla mannaia.
      - È vero; siete di stirpe nobile; me ne dimenticavo. Ma questa è una questione di forma, che non muta la sostanza. Liberamente siete venuto, e liberamente ve ne andate. Siate però certo che se non tornate, saprò cogliervi.
      Perilli si inchinò ed uscì.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





Pasquale Lucarini Perilli Casana Lucarini