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      - Dove vuoi portarli? - le domandò il Guidi, evidentemente imbarazzato.
      - Con noi.
      - Ma se incontriamo dei birri, saremo presi per ladri, ci interrogheranno, dovremo declinare i nostri nomi e allora, addio fuga.
      - Pure è necessario, se abbiamo a campare.
      Il giovanotto si rassegnò, per amor della sua ragazza, a correre l’alea d’un arresto.
      Prese i due involti fra le braccia e si avviò all’uscita. Ma mentre stava per entrare nel vestibolo della porta si sentì afferrare pel collarino e una mano armata di coltello si levò sopra di lui e cadde replicatamente per ferirlo. Fortunatamente gli involti gli paravano i colpi e non ebbe a toccare che una lievissima quasi impercettibile scalfittura al collo.
      Però vedendo che l’incognito assalitore gli attraversava la via di scampo e non pareva disposto a lasciarlo, trasse di tasca il coltello e fatta scattare la molla, per assicurare la lama, si pose sulle difese. I due involti intanto erano caduti al suolo.
      Le due lame s’incontrarono; quella di Domenico Guidi, deviata con abile e pronto movimento quella dell’avversario, entrò nel collo a questi fino al manico.
      Guidi si sentì uno spruzzo di sangue caldo bagnargli il volto e intanto vide il corpo del suo antagonista, prima barcollare, poi cadere.
      Pepita s’era trattenuta nella stalla per lasciare il tempo all’amante d’uscire cogli involti. Dopo pochi minuti attraversò il cortile dirigendosi verso alla porta.
      Il cielo era annuvolato ed era buio. Ma un raggio di luna fendendo le nubi in quell’istante, illuminò la scena sanguinosa.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





Guidi Domenico Guidi