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      - Sciagurato - esclamò l’infelice reprimendo la voce - hai ucciso mio fratello!
      Indi chinatasi, raccolse i due involti e con essi scomparve nella stalla.
      Guidi si passò la mano sulla fronte, quasi volesse cacciare un sogno molesto. L’umidiccio del sangue, ond’era soffuso, lo richiamò subito alla realtà delle cose e si diede a fuggire disperatamente, senza meta.
      D’un tratto si sentì afferrato da quattro robuste braccia e una voce brusca ed imperiosa, gli domandò:
      - Siete ferito. Dove vi siete accoltellati?
      Nessuna risposta egli diede.
      Allora i due birri che lo avevano arrestato, gli tolsero il coltello di mano, tuttora fumante di sangue, gli legarono strettamente i polsi e lo portarono alle carceri di città.
      Il suo spirito avea frattanto ricuperato un po’ di calma, e così potè architettare il suo sistema di difesa.
      Sottoposto dal bargello ad un primo interrogatorio dichiarò che s’era imbattuto per via in un ubbriaco, il quale, stava per cascargli addosso. Egli lo redarguì e quello gli si fece sopra col coltello aperto, per menargli. Aveva dovuto difendersi. S’era sentito spruzzare sul volto il sangue dello sconosciuto ed era fuggito. Dell’altro non sapeva che fosse accaduto.
      Invitato a precisare il luogo dello scontro titubò alquanto e così suscitò dei dubbi al bargello sulla veridicità del suo racconto.
      Il bargello lo fece chiudere nella cella più sicura, quindi andò egli stesso con due carcerieri in giro per la città, ad assumere informazioni.
      Essendo di notte, nulla poté raccogliere e dovettero tornarsene alle carceri, senza aver nulla scoperto.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421