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      L’oste sorrise beatamente. Forse aveva in serbo qualche cadavere quattordicenne di animale più o meno domestico e pensava essere venuta la buona occasione per disfarsene, traendone lauto compenso.
      - Bada però, ripigliò l’incognito, che la fame non esclude il gusto, che se mai avessi qualche vecchio gatto scorticato e ti promettessi di ammannirmelo, avresti sbagliato i tuoi calcoli.
      L’oste ne fu sgomento.
      - Che sia proprio il diavolo in persona costui? - si chiese mentalmente - ha indovinato il mio pensiero.
      L’esitanza dell’oste persuadeva sempre più il cacciatore, che questi aveva delle perfide intenzioni a suo riguardo. Lo prese quindi delicatamente per un orecchio e gli intimò:
      - Portami in cucina.
      - A quest’ora non c’è nulla di pronto ancora - balbettò l’infelice - ma posso servirvi da principe se avete un po’ di pazienza.
      E si diede a chiamare a squarcia gola:
      - Marianna! - Marianna!
      Marianna era la rispettabile sua metà, una specie di bomba, che si rotolava sul suolo, poiché non sembrava che camminasse. Giunse frettolosa alla chiamata del marito, miagolando con flebil voce:
      - Menicuccio mio, che vuoi?
      - Il signore vuol mangiare e mangiare bene - mormorò l’oste, sottolineando le parole.
      - Così mi piace! - esclamò l’incognito sogguardandoli entrambi.
      - Le farò un brodetto.
      - Benissimo, purché il pesce sia fresco.
      - Altro che fresco! Menicuccio vallo a pigliare da Petronio, che è arrivato stamani colla paranzella.
      L’oste se ne andò via, ben felice di sottrarsi allo sguardo indagatore del forestiero.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





Petronio