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      Ho una fame maledetta.
      - A tavola si concludono meglio gli affari.
      Menicuccio aveva già recata la posata e il piatto. Il campagnuolo si assise di fronte all’incognito e incominciarono a far sparire il salame.
      - Sarà dunque per stanotte senza fallo, disse sommessamente il nuovo venuto. Sei pronto?
      - Prontissimo.
      - I tuoi?
      - Fa assegnamento sopra di me.
      - Non hanno scorta. Ma sono gente deliberata e fors’anco ben armata.
      Il cacciatore sbozzò un sorriso di scherno.
      - Della somma si faranno tre parti.
      - Due per me.
      - Per te solo?
      - Per me e pe’ miei, l’altra per te.
      - E le gioie e i valori personali che potranno avere con sé?
      - Incerti del mestiere.
      - Voglio parteciparvi.
      - Ed è giusto. Ma se per avventura qualcuno di noi avesse a finire nelle mani di Mastro Titta, avrai pure la tua parte di corda.
      - Vi rinunzio.
      - Hai torto; porta fortuna.
      - Porta al Diavolo.
      - Un giorno o l’altro ci si deve andare.
      - Più tardi che sia possibile.
      Menicuccio aveva intanto servito; prima il brodetto, poi i polli e riempito tre volte il boccale. Il benessere e col benessere la giocondità incominciava a diffondersi sul volto dell’onesto campagnuolo.
      - Mandaci Marianna, che vogliamo fare un brindisi alla sua salute, dissegli questi. Cucina in modo ammirabile.
      Marianna comparve, umile in tanta gloria, e partecipò al brindisi in suo onore.
      Il campagnuolo le disse poi:
      - Ora ci condurrete di sopra e ci darete due buoni letti.
      E così fu fatto.
      XXI.
      L’aggressione del Corriere del Papa.
      Sull’imbrunire si fermava alla porta dell’Albergo del Caval Marino una sedia di posta, tirata da due buoni cavalli romani, nella quale si trovavano due persone.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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