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      Il cocchiere fece schioccar la frusta e tosto accorse Menicuccio, col berretto in mano.
      Uno dei due viaggiatori sporse il capo e gli ordinò:
      - Recaci da bere una bottiglia.
      - Subito, Eccellenza, rispose l’oste e s’avviò verso l’interno del negozio, d’onde ritornò poco dopo con due bicchieri di cristallo, sopra un bel vassoio d’argento e una bottiglia, che versò con religiosa attenzione.
      Il viaggiatore che l’aveva ordinata passò il vassoio all’altro con rispettosa deferenza; quegli bevve, quindi mormorò:
      - A voi.
      Il viaggiatore vuotò il suo bicchiere, quindi ordinò a Menicuccio di dare il rimanente al cocchiere, e gli porse uno scudo, dicendogli:
      - Da parte di questo signore che ha trovato buono il vostro vino.
      - Mille grazie! esclamò l’oste inchinandosi fino a terra, mentre la carrozza partiva di buon trotto.
      Due spettatori avevano assistito alla scena dalla finestra socchiusa, nascosti dietro le griglie: il cacciatore ed il campagnuolo. Questi esclamò:
      - Maledizione! Hanno anticipato di tre ore. Un bel colpo fallito.
      - Nulla di perduto, rispose l’altro. Fra mezz’ora io li avrò sorpassati. La salita per la strada maestra è lunga, per i giri che fa la strada ed erta in modo che i cavalli non possono che andare al passo.
      - E i compagni?
      - Non ci pensare. Li troverò io.
      Il buio si era fatto intanto profondo e Menicuccio lieto della sua giornata, aveva chiuso l’albergo, ben certo che a quell’ora nessun altro avventore sarebbe capitato.
      Il cacciatore, fatto sicuro di non essere veduto, aperse la finestra, che distava pochi metri dal suolo e colla lestezza e agilità del dardo, discese nella via, tenendo il suo fucile ad armacollo.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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