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      E il vetturino cedendo alla paura che gli ispirava la persona atletica del masnadiero, la sua estrema sicurezza, il suo sangue freddo, ubbidì.
      - Frusta i cavalli, codardo - tonò una voce dall’interno della carrozza e contemporaneamente un colpo d’arma da fuoco rintronò nell’aria.
      Era diretto contro l’assalitore e colpì invece alla testa uno dei cavalli, il quale stramazzò.
      - Mal diretto! esclamò forte il malandrino. Se sciupate così la vostra polvere, non ve ne resterà per farvi saltare le cervella, se per avventura sdegnassimo noi di farlo.
      Due altri colpi da fuoco scoppiarono contemporaneamente. L’uno forò il cappello del vetturino, l’altro sfiorò una spalla del brigante, senza che questi mostrasse avvedersene.
      - Scendi disgraziato - gli disse l’aggressore - se no quei signori finiranno coll’ammazzarti.
      Il cocchiere, non se lo fece dire due volte, scese in un salto da cassetta, tenendo ravvolte in mano le guide.
      - Legale al cassetto, fatti consegnare le pistole da que’ signori e portamele: ai cavalli bado io.
      Il vetturino si presentò allo sportello di sinistra e il viaggiatore che si trovava dalla sua parte, gli consegnò tosto le sue armi.
      Contemporaneamente s’apriva lo sportello di destra e un signore su trentacinque balzò fuori, dirigendosi coraggiosamente verso il brigante colle pistole spianate.
      - Signor conte di Lavello - disse questi - non facciamo ragazzate. E contemporaneamente col calcio del pistone gli faceva saltar di mano una delle due pistole, che descritto un semicerchio in aria, cadde al suolo, lasciando uscire il colpo.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





Lavello