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      Inutile dire che la bisaccia aveva subito una notevole diminuzione, perché Salvati aveva già riposta la propria parte e quella dei suoi supposti compagni in luogo sicuro.
      Il brigante s’era cacciato fra le coltri e dormiva profondamente, riposando delle sue onorate fatiche, quando il Bargello e i suoi birri, ingrossati di numero, da quelli raccolti in Recanati, giunsero all’albergo del Caval Marino e ne prendevano in custodia gli accessi.
      Menicuccio che apriva allora il negozio, fu molto sorpreso della loro comparsa, e al Bargello che lo interrogava rispondeva, non esservi nella sua locanda, che due onesti viaggiatori, giunti il giorno innanzi.
      Il Bargello salì alla camera superiore e trovatala aperta entrò pian piano. Ma invece di due viaggiatori ne trovò un solo: Paolo Salvati dormente nel suo letto. L’altro letto era disfatto.
      Indispettito si gettò sul dormente e cercò di allacciarlo; ma il Salvati svegliato di sorpresa, riuscì a mettersi sulla difesa e impegnò una lotta accanita. Vedendosi sopraffatto, il bargello chiamò aiuto. Allora Salvati presi i suoi panni si gettò giù dalla finestra e prese a fuggire tentando di guadagnare la via dei campi. Ma fu presto raggiunto dai birri appostati e dal Bargello, che prontamente riavuto, non voleva lasciarsi scappare la preda.
      Il manutengolo se n’era già andato prima, mentre Salvati dormiva, colla valigia, temendo di doverne ripartire il prodotto.
      Paolo Salvati portava ad un dito un anello con brillante solitario, tolto al conte di Lavello e questa fu una prova schiacciante del delitto, la quale aggiunta alla testimonianza del cocchiere gli procurò una sentenza di impiccagione.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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