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      Paolone rinchiuse gli zecchini nel suo scrigno e discese colla moglie incontro ai nuovi venuti.
      - Ebbene? - domandò con piglio sciolto e un po’ motteggiatore l’amministratore, strizzando l’occhio - Come va?
      - Come Dio vuole - rispose l’affittaiolo. Ma loro signori staranno non meglio di me, dopo sì lunga strada.
      - Abbiamo il legno nella vostra rimessa, e i cavalli nella vostra stalla.
      - Impartirò gli ordini opportuni, perché siano ben trattati. Quanto a loro spero, vorranno farci l’onore di pranzare in compagnia.
      - Purché non ci facciate morir di fame; sogghignando rispose l’amministratore.
      - Non siamo ancora a tale.
      La massaia volò in cucina e in breve parecchi polli passarono dalla stia alle pentole ed alle casseruole, per ingrossare il pranzo.
      Intanto venne imbandita la tavola e si servirono i principi. Il pasto fu abbondante, squisito e inaffiato di ottimo vino. L’amministratore e i suoi fecero onore, mangiando e bevendo senza risparmio.
      - Peccato che non si possa pranzar da voi tutti i giorni! esclamò l’amministratore, sempre con piglio canzonatorio. Ma così mi spiego le difficoltà...
      - Difficoltà - interruppe con piglio quasi altero Paolone possono presentarsi a tutti. L’abilità di un uomo è di saperle superare.
      - Parlate come un libro stampato. E voi sareste di quegli uomini.
      - A seconda dei casi. Che cosa desiderate ora, a cagione d’esempio?
      - Oh! una cosa da nulla, una miseria, una bazzecola, che non valeva quasi la pena d’incomodarsi: sei mila scudi, somma rotonda.
      - È appunto quella che vi ho preparata.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





Dio Paolone