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      Lo riteneva come una offesa personale, perché Paoletti con ciò mostrava chiaramente di non desiderare la solidarietà della vergogna. Pure dissimulò, ricacciandosi in fondo all’anima l’amarezza che gli aveva prodotto. E assecondando il compare nel suo intendimento di voler sciogliere il vincolo morale che li legava, riprese:
      - Vi ringrazio d’avermi posto sull’avviso.
      - Era mio stretto dovere d’amico.
      - Un dovere che raramente si compie.
      - Non tutti coloro che lo dicono sono amici, come io di te, per la vita e per la morte.
      - Che mi consigliate voi di fare?
      - Prima coglierla sul fatto.
      - Poi?
      - Se hai bisogno d’una mano che ti aiuti, ecco qui la mia - così disse lanciando un lampo d’odio dagli occhi, e brandendo un coltello.
      - Sarà fatto! - rispose Beppe Brunelli stendendo la destra al Paoletti, che fortemente gliela strinse.
      - Bravo. Così parlano e così agiscono gli uomini.
      - Ecco intanto una esistenza infranta, una felicità distrutta, una amicizia...
      - Cementata, resa inscindibile, Beppe. Ricordati Beppe delle parole che ho pronunziato poc’anzi e che ora ti ripeto: per la vita e per la morte.
      - Per la vita e per la morte - replicò il sensale stringendo fortemente la mano che per la seconda volta il macellaio gli porgeva.
      - Ma è tempo ti narri come avvenne la scoperta - ripigliò il Paoletti. Perciò appunto qui ti condussi.
      - Parlate. Vi ascolto.
      - Una notte, mentre tu eri fuori, rientrando tardi nella mia camera udii del rumore nella tua. Supposi che tu fossi rientrato improvvisamente e mi avvicinai per aprirla; era chiusa.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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