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      Udendo all’interno un bisbiglio, mi persuasi sempre più che Margherita era con te, certo sola non si trovava, bussai, e ribussai, ma nessuna risposta ottenni.
      - Brutta conocchia! - esclamò Beppe.
      - Allora ebbi un’idea, vaga, un sospetto quasi impercettibile, ma che andava prendendo man mano forma e colore. Ero ancora vestito: ridiscesi pian piano per non farmi udire; giunto alla porta, che avevo, trovata aperta entrando e aperta lasciata, la rinchiusi dietro di me, e andai a collocarmi nel vano della casa dirimpetto, donde potevo vedere, ma non essere veduto, perché protetto dall’ombra densa. Dopo pochi minuti vidi il lume attraverso la mezzaluna che sta sopra la porta, ma questa non s’aprì.
      - Il maiale credeva di trovarla ancora aperta e aveva dovuto risalire per farsi dare la chiave. È evidente.
      - Infatti, passati pochi momenti, rividi il lume attraverso la mezza luna, la porta si dischiuse e ne uscì un giovinastro. Ma dietro a lui v’era un’ombra bianca.
      - La sgualdrina.
      - Margherita, discinta, che prima di lasciarlo partire gli gettò le braccia ignude al collo, lo tirò a sé e lo baciò un’altra volta.
      - Perché non ero ne’ vostri panni? Li avrei ammazzati entrambi, come cani.
      - Perché entrambi? Lui, lui solo doveva, deve morire.
      - E lei, la prostituta? - domandò il Brunelli, al quale il racconto del compare aveva riacceso le furibonde ire gelose.
      - Lei sarà abbastanza punita colla morte del ganzo. E le servirà di lezione per l’avvenire.
      Queste parole del Paoletti produssero al sensale l’effetto di una doccia fredda.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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