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      - A letto, poveraccio.
      - Tanto meglio: così non avrebbe a soffrire.
      - E chi ci farebbe poi le spese?
      - Deve aver del denaro quel macellaro.
      - Ne ha di certo. Ma ciò che è suo, non è mio.
      - Dovrebbe però diventarlo.
      - Così fosse.
      - Che faresti?
      - Prima di tutto manderei a farsi ammazzare Beppe.
      - E se non volesse andare?
      - Te ne incaricheresti tu?
      Questa domanda lanciata così a bruciapelo dalla formosissima donna fece correre un brivido per fossa al giovane. Ma eran giunti in quel punto alla porta ed era naturale che il drudo non rispondesse.
      Precedettero in silenzio per parecchi minuti, finché giunsero all’aperta campagna. La strada era deserta. Soltanto giù per i colli si vedeva qualche contadino intento ai lavori agrari.
      - E poi? - chiese finalmente il giovinotto, nelle vene del quale ricominciava a fermentare il sangue.
      - Poi? Sarei tua, tutta tua, esclusivamente tua.
      Il giovane inebbriato da queste parole cinse col braccio sinistro la vita di Margherita e passatole il destro intorno al collo l’attirò dolcemente a sé e la baciò con fervore.
      La donna corrispose con pari ardore al bacio ed all’amplesso.
      E così continuarono per buon tratto di strada, folleggiando, cogliendo fiori, abbracciandosi e ripetendosi giuramenti d’amore e rincorrendosi l’un l’altro, come giovanetti innamorati.
      - Oh! se potessimo passar la vita eternamente così - esclamò in un momento d’ebbrezza la donna, mentre l’amante presala improvvisamente fra le braccia a tergo le premeva, il turgido seno e la baciava sulla bocca, avendo ella rovesciata indietro la testa.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





Beppe Margherita