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      Un bel nome!
      - Ti piace? Ebbene, allora dimmi: «Arrivederci Enrico mio.» e dammi la mano.
      - Mio? Sarà poi vero?
      - Te lo giuro.
      Si scambiarono una stretta e per quella sera si lasciarono.
      XXXII.
      Estasi d’amore - Rivelazione - Fuga.
      La relazione fra i due giovani continuò: Enrico era ardito, intraprendente e rotto a tutte le arti della seduzione. La fanciulla ingenua, ardente e innamorata. La vittoria non fu troppo a lungo disputata al bravo operaio, che aveva modi così distinti e adoperava un linguaggio così diverso dagli altri.
      Talvolta Virginia gli diceva:
      - Tu parli come un principe.
      - E vorrei esserlo.
      - Perché?
      - Per farti la mia principessa.
      Nei trasporti, nelle ebbrezze della passione, la fanciulla dimenticò tutto... il fratello, la promessa di matrimonio... l’avvenire. Viveva quasi in uno stato d’estasi amorosa permanente.
      Ma venne il giorno in cui dovette accorgersi che portava in seno il frutto di quell’amore. E allora provò una stretta al cuore, quasi fosse già presaga di quello che doveva accadere.
      Intanto rimandava da un giorno all’altro la confessione del suo stato ad Enrico. Temeva che questo avesse a dargli noia, ed allontanarlo da lei. Ma un bel giorno il giovinotto se ne accorse, e le disse:
      - Virginia, tu sei incinta.
      La fanciulla chinò vergognosa il capo sul seno accennando di si.
      - Perché non me n’hai avvertito?
      - Avevo paura di recarti dispiacere.
      - Certamente mi impiccia. Ma prima si sarebbe potuto rimediare.
      - Come? - domandò Virginia sbigottita.
      Enrico comprese d’essersi spinto troppo oltre e tentò riparare.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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