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      - Tu sei un taumaturgo - esclamò il vecchio cacciatore pregustandone il sapore.
      E Gustavo, ghiotto non meno, forse più di suo zio: - Questo riscaldandoci lo stomaco ci porrà in vena di vuotarti la cantina.
      L’oste s’inchinò sorridendo e ritornò col piatto dei polli in padella, esalante un odore buonissimo.
      Il contenuto del piatto scomparve anch’esso nel ventre capace dei due cacciatori. E altrettanto accadde delle starne arrosto, per inaffiar le quali fecero venire un secondo boccione, essendo il primo ormai vuoto.
      Saziate le esigenze della fame, zio e nipote intavolarono una conversazione, dalla quale, l’oste, che dalla propinqua cucina prestava orecchio, venne a capacitarsi che i due cacciatori erano ricchi signori e che portavano con loro una cospicua somma di danaro.
      Avevano lasciata Roma già da tre giorni ed avevano cacciato continuamente riposandosi qua e là nelle osterie di campagna, perché s’era impegnata fra loro una scommessa di resistenza.
      - Ti dai per vinto, Gustavo? - domandò l’anziano.
      - Vinto veramente non potrei dire perché sono capace di continuare per un’altra settimana. Ma vincitore certamente voi siete zio mio, poiché avete oltrepassato il termine stabilito. Siete forte.
      - Ti dispiace.
      - Punto. Ed eccovi i cinquanta zecchini della scommessa.
      Così dicendo il giovane trasse una borsa di seta, ne numerò i zecchini da darsi allo zio, e gli altri rimasti in buon numero si ripose in tasca. Il vecchio trasse a sua volta la propria borsa, del pari ben fornita di monete d’oro, vi lasciò cadere uno per uno i zecchini del nipote, e rimettendola in saccoccia, disse:


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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