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      - E voi ve ne siete vendicato, uccidendo la vostra povera ed onesta moglie. Ascoltate un mio consiglio: non parlate più della contessa: gettereste inutilmente una luce sinistra sovra una casa rispettabile ed illustre. Tacendo ci guadagnerete la clemenza dei giudici.
      Saverio Gattofoni tacque, e in guiderdone della sua discrezione, fu condannato al semplice taglio della testa e non allo squarto.
      Il giudice aveva mantenuto la sua promessa. Ma non credo che il delinquente abbia di molto apprezzata l’indulgenza usatagli.
      La mattina stessa dell’esecuzione la contessa, che non aveva voluto partir prima, per tema di suscitar dicerie e di tirarsi addosso dei sospetti, partiva da Macerata in una sedia da posta per Ancona, dove contava imbarcarsi, per un lungo viaggio marittimo.
      Era fiera, rosea, sorridente. Ricevette colla maggior disinvoltura i complimenti di tutti i suoi amici e conoscenti della famiglia di suo marito. E se ne andò accompagnata solamente da un cameriere dalle forme atletiche, che pur usandole tutte le deferenze richieste dalla sua posizione, si chiariva padrone della situazione.
      Evidentemente Saverio aveva già un sostituto.
      XLVI.
      Un cameriere zelante.
      Trascorsero due mesi prima che dovessi esercitare di nuovo le mie funzioni; né, per dire la verità, me ne rammaricavo, perché nella stagione estiva il mestiere diventa più faticoso e più difficile, specie nelle impiccagioni e negli squartamenti.
      Il 19 luglio mi fu commessa la decapitazione di Agostino Del Vescovo, che aveva assassinato proditoriamente il suo padrone, un prete abitante a San Pietro in Vincoli.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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