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      - Ed ella?
      - Ella sorrise.
      - Buon segno! Ma due mila scudi, capperi, non sono un baiocco.
      - Li vale.
      - Pare anche a me.
      - Una sposina fresca, fresca...
      - È tutto quel che si può desiderare di meglio. Ma non li ho qui disponibili. Bisognerebbe che me li facessi mandare. Ne avrò in cassa un millecinquecento e mi servono per altre spese.
      Parlando così, pareva che il prete ragionasse con se stesso: di quando in quando si interrompeva, come se il suo pensiero volasse altrove. Il cameriere seguiva cogli occhi ogni suo moto, ma non fiatava.
      - Non avete aggiunto altro? - chiese improvvisamente il prete.
      - Abbiamo continuato il discorso. L’orzarola mi disse: sono pazzie! Io non conosco persone in Roma - Per questo vi potrei aiutare, le risposi, c’è il mio padrone, sapete, don Asdrubale - Sì, lo conosco; dicono che è un santo uomo - E dicono il vero. Mi ha giusto parlato ieri di voi. - Di me? - Sì, di voi. Gli avete suscitato un desiderio vivissimo di parlarvi. Vorrebbe essere il vostro direttore spirituale - Giusto non mi sono ancora confessata dacché venni a Roma. E credete?... - Credo che se gli chiedeste i duemila scudi non ve li rifiuterebbe - Magari! È un uomo tanto simpatico.
      - Simpatico m’ha chiamato?
      - Signorsì, simpatico.
      - E tu?
      - Io gli ho dato parola di parlarvene.
      - Dunque è disposta a venir da me?
      - A confessarsi sì. Giovedì suo marito deve recarsi a Genzano donde non tornerà che sabato, ella ne approfitterebbe, chiuso il negozio, per venire senza impicci.
      - Due mila scudi è un sacrificio un po’ grosso: ma lo posso sopportare senza disagio.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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