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      - Siete soli? - domandò imperiosamente ai fanciulli l’incognito.
      - Soli, perché? - rispose Paolo insospettito di quel contegno, e si diresse verso la porta intenzionato di chiamare aiuto. Ma il mendicante gli attraversò la strada e tratto un coltello, di sotto la giacca glielo immerse nel collo.
      Luigi a quella vista, si diede a gridare come un’aquila, e Evelina corse a lui per fargli scudo del proprio corpo. Ma il masnadiero non indugiò e col coltello medesimo, ancor fumante del sangue di Paolo, colpì la giovinetta e il bambino rovesciandoli al suolo uno sopra l’altro.
      Lo spavento e il dolore ammutolirono i due ragazzi.
      L’assassino passò risoluto nella camera vicina, salì al piano superiore, conoscendo evidentemente le disposizioni della casa e giunto alla camera da letto, facendo saltare col coltello insanguinato le serrature dei mobili, fece ricco bottino di roba e di danaro, quindi ridiscese e giunse a guadagnare il cancello della villa.
      Mentre usciva s’imbatté con Margherita che ritornava. Questa insospettita affrettò il passo e giunta nella sala da pranzo vide l’orrendo macello.
      - Il mendicante! Il mendicante, mormorò Evelina ferita.
      Margherita pazza per il terrore si diede ad inseguire l’assassino che si era gettato attraverso i campi urlando:
      - All’assassino! al ladro!
      Richiamati da quelle grida accorsero Gaetano e gli altri contadini e datisi ad inseguire il fuggitivo, giunsero a colpirlo con una terribile bastonata al capo, sul limite della macchia, alla quale si avviava.
      Caduto, tentò di rialzarsi, ma i contadini gli furono sopra e l’avrebbero fatto a pezzi, se non era Gaetano a trattenerli.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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