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      Lo trascinarono sino alla villa, dove appresero tutti i particolari dell’orribile suo misfatto, da Margherita, che andava fasciando le ferite di Luigi ed Evelina. Il povero Paolo era già morto. Il fratello e la sorella furono salvati dalle pronte cure del medico chiamato da uno de’ villici.
      Strettamente legato l’assassino fu condotto a Gubbio dal bargello e il 28 agosto, fui chiamato a Gubbio per eseguire sopra di lui la sentenza di decapitazione e squartamento, pronunziato dai giudici.
      L’efferatezza del delitto, aveva talmente esasperata la popolazione di Gubbio, che si voleva ad ogni costo sottrarlo alla esecuzione della sentenza legale, quantunque gravissima, per martirizzarlo; convenne all’autorità mandare forte nerbo di truppa per proteggere il delinquente, mentre lo si avrebbe condotto dalle carceri al patibolo. Ma non appena la carretta uscì, si sollevò tale chiasso, che si dovette retrocedere e chiamare nuove truppe, le quali occuparono militarmente la piazza e tutti gli sbocchi delle strade che vi menavano, disperdendo la folla.
      Allora soltanto si poté condurre al palco il delinquente, nominato Antonio Casagrande.
      Eseguita la giustizia dovetti porre la testa in un canestro per andarla a piantare sulla porta della città, fuori della quale si trovava la villa, ove era stato commesso l’orribile delitto. Ma anche questo mi fu impossibile. Si dovette attendere la notte e il mattino raddoppiare le sentinelle perché non la staccassero.
      L’esecuzione di Antonio Casagrande fu la prima operata da me, alla quale non assistesse altro pubblico che i birri, i gendarmi e i soldati.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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