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      Gli urli della folla che stazionava innanzi agli sbocchi mettevano spavento al giustiziando, per modo che si dovette portarlo sul palco a braccia. Prima di porre la testa sotto la mannaia era completamente incanutito, segno del terrore dal quale era stato invaso.
      Parmi d’aver già avvertito che gli autori degli assassini più feroci, si mostrano più vili innanzi al patibolo.
      LII.
      Grassazioni - Omicidi - Parricidi.
      Tre settimane dopo eseguii un’altra decapitazione, al Popolo, in persona di Alessandro Papini, volgarissimo masnadiero, colto colle armi in pugno all’Acqua Traversa, dopo aver compiuto una grassazione, e il primo dicembre decapitavo pure sull’istessa piazza Domenico Gigli di Giacomo, appartenente a benestante famiglia romana, il quale in un impeto di bestiale furore trovandosi a caccia del cinghiale, ne’ dintorni di Maccarese, aveva sparato il fucile contro un contadino, che gli aveva fatto mancare un buon colpo.
      Preso in pieno petto il disgraziato era caduto estinto.
      Il Gigli era andato tosto a consegnarsi, e confessò il suo delitto, cercando di scusarlo coll’acciecamento prodottogli dal vino. Ma questo non valse a salvarlo dalla severità dei giudici, i quali, inesorabili, pronunziarono contro di lui sentenza di morte da eseguirsi colla solita macchina francese.
      L’anno successivo lo inaugurai il 13 gennaio ad Ancona impiccando un ebreo rinnegato, che il suo antico nome di Angelo Camerino aveva voltato in quello di Giuseppe Angiolo, il quale aveva ucciso in rissa un cristiano.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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