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      Essa aveva ricevuto un’educazione un po’ eccentrica, ma completa. Pingeva con gusto e maestria, cavalcava come un’amazzone e coltivava la musica con grande successo.
      Il suo maestro di piano era un giovane di cinque lustri al più, dal volto bruno, pallido, dagli occhi a volta languidi a volta corruscanti, sempre sottocerchiati e natanti in un’onda di voluttà perenne.
      Era stato presentato in casa Facenni da un vecchio professore, il quale aveva impartito ad Elsa la prima istruzione musicale, e da lui raccomandato, come colto, intelligentissimo e pieno d’avvenire. I suoi vestiti lasciavano molto a desiderare dal punto di vista della solidità e della qualità, ma rivelavano nel loro proprietario una certa inclinazione all’eleganza e molta cura nel tenerli puliti e nel prolungarne la durata.
      Il suo redingote nero e chiuso fino al mento, i suoi pantaloni oscuri, collanti al piede, e il suo cravattone non meno bruno avevano sulle prime provocato le ilarità della capricciosa fanciulla. Ma quando lo ebbe udito toccare il piano con un magistero d’arte ed un sentimento più presto unico che raro, le apparve agli occhi come trasfigurato.
      E dal primo giorno le lezioni andavano prolungandosi e moltiplicandosi sempre più, talché il signor Facenni, aveva giudicato dovere d’equità raddoppiargli gli emolumenti.
      Corrado, «il maestro» aveva allora incominciato a migliorare la sua toletta, che si fece in breve accuratissima, di buon gusto, elegante e quasi ricercata, concorrendo così ad accrescergli le simpatie dell’allieva, la quale dallo studio del piano, volle passare a quello del canto.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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