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      - Perché non mi garberebbe di essere costretto a fare un salto dalla finestra.
      - Forse non hai torto... Mio padre accorda un gran valore al danaro, perché dice di averlo guadagnato con sudore. Ma, se realmente mi ami, è un’alea che è necessario correre.
      - Perché non gliene discorri tu?
      - Per la ragione identica.
      - Rivolgiti a tua madre.
      - Conta assai la mamma!
      - Pare ti porta molto affetto.
      - Non lo nego, ma...
      - Almeno ella potrà esplorare l’animo di tuo padre e predisporlo alla richiesta.
      - Forse non hai torto... Gliene parlerò questa sera stessa.
      E come disse fece.
      La sera medesima, non appena levata la mensa della cena, essendosi il signor Facenni ritirato, Elsa abbordò la sua genitrice con una domanda a bruciapelo:
      - Che te ne pare, mamma del maestro?
      - Mi pare bravino assai.
      - Non è questo che ti chiedo.
      - Spiegati meglio allora.
      - Che te ne sembra? Come uomo.
      - È un bel giovane.
      - Non è vero? Sarebbe fortuna per una donna pigliarlo per marito.
      - Se avesse a darle da mangiare.
      - Una posizione non gli può mancare: ha tanto ingegno. La sua opera deve essere un portento. Quando l’avranno messa in scena gli procurerà di punto in bianco la celebrità.
      - Se non gli procurerà una raccolta di torsi di broccoli.
      - Mamma, ti beffi di me?
      - Di te? Perché mai, figlia mia?
      - Perché l’amo, l’adoro, voglio sposarlo, sarò sua moglie, o andrò a chiudermi in un chiostro.
      - Lo prevedevo! - esclamò la signora Facenni, tirando un profondo sospiro dal petto. Domani ti porterò a confessarti da padre Agostino. Penserà lui a levarti le ubbie dal capo.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
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