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      - O taci, o muori.
      - Uccidimi, assassino, vigliacco! - volle più che non poté dire, Elsa, colla voce soffocata dalla mano del Binzaglia.
      Questi afferrò i guanciali, le coprì il volto e montatole con un ginocchio sul petto, barbaramente la strozzò.
      Accertatosi della sua morte, ascoltandole il cuore muto di battiti, la sollevò, le passò al collo il roseo cordone di seta del panneggiamento della finestra e così ne appiccò la salma; quindi le pose sotto i piedi una sedia rovesciata per far credere che si fosse suicidata e se ne andò pian piano dalla camera, accuratamente chiudendone la porta dietro di sé.
      A giorno fatto la vecchia cameriera, entrò, come di consueto per smuovere ogni sospetto di complicità per parte sua nella fuga della padroncina.
      Ma all’orribile spettacolo che si offerse alla sua vista, arretrò spaventata e proruppe in acutissime strida.
      Accorsero i famigliari, il padre, la madre. Si mandò pel medico e per l’autorità. Il cadavere venne staccato e deposto sul letto; ma il sanitario non poté che constatare il decesso d’Elsa seguito già da parecchie ore.
      Intanto si fecero delle indagini e si scoperse la lettera che la fanciulla aveva scritta ai suoi genitori. Interrogata la vecchia tremante, narrò tutti i particolari, non tacendo che la bisogna era stata condotta da Giovanni Binzaglia, del quale venne operato l’arresto immediatamente.
      L’autopsia constatò le violenze subite dalla fanciulla, violenze che dovevano aver avuto luogo la notte stessa. Una cinghia trovata appiedi del letto e che si conobbe aver appartenuto al Binzaglia, aggravò singolarmente la posizione di costui.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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