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      Erano già le due pomeridiane, quando il giovane Tagliacozzo comparve. Aveva dato una grande battaglia e l’aveva vinta. Il Giudìo si era arreso alle sue istanze e gli aveva procurati duemila scudi. Ma a quale prezzo?
      Lalla lo accolse col più carezzevole de’ suoi sorrisi. Gli disse che non aveva voluto accettar prima la sua corte, perché sentiva che lo avrebbe amato troppo, ed ella non voleva amare, perché amando soffriva. Ma ormai era fatto. Ed aveva già provato il primo dolore, per il suo ritardo. Temeva di non rivederlo più; temeva di aver distrutta ogni poesia, con quella prosaica domanda che gli aveva fatta. Era stata una stupidità. Avrebbe potuto farne a meno. Quand’anco le avessero venduto il mobilio, non sarebbe mancato loro un rifugio. Il sole del loro amore, avrebbe allietata anche una spelonca.
      Ascoltandola Pietro era inebriato. Avrebbe firmato non una cambiale, ma una risma intera di cambiali, per far piacere a quella celeste creatura, così leggiadra, così amorosa e così disinteressata.
      LXXX.
      Si continua a tutto vapore.
      La tresca dell’olevanese colla capricciosa parigina continuò; le cambiali si moltiplicarono e le richieste di denaro alla mamma del pari. Vennero la scadenze e Pietro non potendole pagare fu costretto a rinnovarle, accumulando interessi sopra interessi. Quando la somma toccò una cifra enorme, il Giudìo pensò bene di fare gli atti al suo giovane cliente e ottenne un sequestro sui beni di sua proprietà, dei quali era usufruttuaria la madre. L’indignazione della povera donna per tale disastro fu terribile.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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