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      - Eh! È questo il vostro galantomismo?
      - Mi occorrono mille scudi.
      Il dibattito continuò a lungo. La conclusione fu che il giudìo, tirò fuori quattrocento scudi e Pietro gli rilasciò la cambiale per mille, oltre l’importo degli antichi interessi.
      Disgraziatamente pareva che l’appetito di Lalla crescesse in ragione inversa dei fondi del suo amante.
      Ogni giorno erano nuovi capricci de’ più costosi. In capo ad otto giorni i quattrocento scudi del giudìo erano sfumati.
      LXXXI.
      A qual punto porta la dissolutezza.
      Tagliacozzo tornò dallo strozzino, ma per quanto battesse e ribattesse il chiodo non gli venne fatto di cavargli un soldo.
      - Non c’è proprio nessun modo di trovar quattrini colla mia firma? chiese alla perfine il giovane dissoluto.
      - Colla vostra firma no.
      - Se trovassi quella di qualche amico?
      - Peggio che andar di notte. I vostri amici sono più indebitati di voi e non hanno neppure la speranza di uscir un giorno o l’altro dagli impicci.
      - Che firma vorreste dunque.
      - Quella di vostra madre.
      - La firma di mia madre? Impossibile; quando mai mi darebbe i denari.
      - Andate dunque a chiederglieli.
      - Mi farebbe chiudere in un manicomio.
      - Inutile perdere il tempo in altri discorsi.
      - Portandovi la firma di mia madre.
      - Aspetterò fino alla scadenza della cambiale, per verificarla.
      - Ah! Ma è orribile ciò che mi proponete.
      - Io non vi propongo nulla.
      Pietro, aveva compreso ciò che voleva il giudìo, avere in mano un documento che costringesse la vecchia a pagare per salvare il suo onore. Ma per quanto corrotto l’idea di commettere un falso gli ripugnava.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





Pietro Lalla