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      Tornò da Lalla a mani vuote. S’era messo a stare con lei e in tutti i modi bisognava provvederle. Tirò innanzi per alcuni giorni a furia di spedienti. Ma la sua dolce amica, ne fu presto stufa e gli disse chiaro e tondo che le si levasse dai piedi. Di un amante pitocco non sapeva che farsene.
      All’indomani mattina Pietro Tagliacozzo portava al giudìo una cambiale di diecimila lire colla firma della madre, naturalmente fatta da lui. Il giudìo sogghignò e gli sborsò settemila lire. Lalla gli ridonò subito il suo affetto. Un mese dopo la scena si ripeté, e così il successivo. Così giunse la scadenza della prima cambiale falsa. Prima che fosse presentata Pietro si recò ad Olevano.
      La madre che nulla ancor sapeva fu lieta di rivedere il suo figliuolo e gli prodigò tutte le più festose accoglienze. Cenarono insieme, e quando ebbero finito la madre disse di esporle la ragione che l’aveva condotto al paese.
      Pietro esitava. Avrebbe voluto chiederle i denari per pagar lui la cambiale e lasciar ignorare la perfidia commessa, ma non se ne sentiva il coraggio. Finalmente buttò fuori l’audace parola:
      - Mamma, mi servono duemila scudi.
      La vecchia balzò sulla sedia, come se fosse colta da un moto sussultorio, e diede in escandescenza.
      - Mamma, mi sono indispensabili. Ci va del mio onore.
      - Ma che onore, che onore! Scavezzacollo impenitente, urlò la vecchia.
      Pietro era diventato pallido come un morto, pregò, supplicò la madre, in ginocchio colle lagrime agli occhi, singhiozzando.
      Non riuscì a niente, e il disgraziato si trovò costretto a rivelarle il fatale segreto delle firme falsificate.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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