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      Giammai! Si vergogni chi pretende contraddirle.
      - Non sono qui per impegnare delle discussioni vane ed oziose, bensì per porgervi gli ordini del sommo pontefice.
      - Me ne infischio di lui e de’ suoi messi. Ditegli che gli esercizi spirituali e corporali li faccio in casa mia.
      - Questa non è casa vostra, lo dimenticate?
      - No, e domani all’alba me ne andrò, e pianterò le mie tende, ove non vi saranno degli indiscreti, che abusando del loro grado, vengono a disturbare le mie distrazioni, i miei sollazzi.
      LXXXVII.
      L’ultimo misfatto - La punizione.
      Il cardinale a questa uscita del lussurioso suo zio, fu preso da violenta collera. Don Domenico aveva realmente esaurita la sua longanimità.
      - Voi non uscirete più di qui - tonò con voce cupa e solenne.
      - Perché di grazia?
      - Non ne uscirete che accompagnato dai birri, i quali vi porteranno alle carceri per essere giudicato e punito di tutte le nequizie che avete commesse, antiche e recenti.
      - Sarebbe troppo lungo. Verrebbe la fine del mondo, prima che il processo fosse esaurito.
      - Il vostro cinismo vale le vostre azioni.
      - Si possono quotare alla borsa.
      - Credete che si ignorino le vostre turpitudini, le vostre seduzioni, le vostre corruzioni di minori, i vostri stupri.
      - Oh delizie! Non rammentatele eminenza perché mi fate correre l’acquolina in bocca.
      - Turpissima e sozza creatura, indegna d’anima d’uomo; così si parla in presenza di un porporato, di un membro del sacro collegio, di un principe della Chiesa?
      - Un principe della Chiesa... un porporato.


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Mastro Titta il boia di Roma
Memorie di un carnefice scritte da lui stesso
di Anonimo
pagine 421

   





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